domingo, 4 de marzo de 2012

Texto de Apoyo: EL PROBLEMA DE LA VIVIENDA EN LA ROMA CONTEMPORANEA



BORGATE
Il termine "borgata" deriva dalla parola borgo, con cui si intende una zona periferica o interna della città che non ha la completezza e l'organizzazione per chiamarsi quartiere.
Questa parola, a Roma, non è mai stata legata al significato letterale del termine. Qui, infatti, è stata sempre intesa come abbreviazione di "borgata abusiva". Il termine fu usato per la prima volta nel 1924 quando fu costruita, su un'area malarica, la borgata di Acilia, nonostante già nel primo dopoguerra erano sorte nelle periferie romane misere abitazioni.
Negli anni cinquanta-sessanta non si ritenne nemmeno più necessario usare il termine "abusivo", bastava quello di "borgataro", già di per sé sufficientemente dispregiativo da far ritenere superflua ogni aggiunta.
E, siccome l'esistenza stessa delle borgate suonava come condanna perenne per le pubbliche amministrazioni, negli anni cinquanta l'IACP (Istituto Autonomo Case Popolari) di Roma arrivò a far cancellare la parola "borgata" dalle pubbliche ufficiali dell'istituto.

Anni quaranta
Nel 1945 l'Italia era stata liberata dai partigiani e dalle forze alleate.
- 18 aprile 1945: epilogo della guerra, liberazione dell'Italia da parte delle forze alleate, gravi conseguenze sul piano economico-sociale. L' Italia viene governata dal CNL (Comitato Nazionale di Liberazione) e la Democrazia Cristiana di De Gasperi, forza di centro moderato, assume la guida della coalizione.
- 2 giugno 1946: referendum istituzionale con il quale gli italiani si esprimono a maggioranza per la Repubblica; vengono chiamate alle urne anche le donne. Inizia l'era repubblicana.
- 18 aprile 1948: vittoria della DC guidata da De Gasperi; scelta filo-occidentale con l'adesione, nel 1949, al Patto Atlantico.

Anni cinquanta
Il governo De Gasperi avvia una serie di riforme:
- riforma agraria del 1950;
- istituzione della Cassa del Mezzogiorno;
- legge Fanfani, che da l'avvio ad un piano di edilizia popolare che determina, nei successivi dieci anni, la costruzione di oltre 2 milioni di vani.
- 1951-1961: i rapidi mutamenti del quadro economico e sociale innescano un processo di crescita della produttività; si verifica un vero e proprio boom economico, caratterizzato da un aumento dei consumi, anche voluttari (quali elettrodomestici e automobili utilitarie).
Lo Stato incoraggia lo sviluppo attraverso la riforma del sistema finanziario, il potenziamento dell'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale), lo sviluppo del settore dell' energia attraverso la nascita dell' ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) e l'avvio della costruzione delle reti autostradali.
- 1954: nasce la RAI, la tv di stato, che contribuì a modificare vita e costumi dellla nazione.

Anni sessanta
Lo sviluppo economico determina un vasto fenomeno di migrazione interna verso il nord, lo spopolamento delle zone rurali, con una conseguente crescita a dismisura delle zone urbane e la diffusione del benessere che sollecita ad una maggiore sensibilità per i diritti acquisiti e per la partecipazione democratica alla vita del paese.
L'avvicinamento politico tra democristiani e socialisti genera la formula politica del centro-sinistra, che intensifica il programma di riforme attraverso:
- istituzione dell'ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica);
- creazione di una scuola media unica ed obbligo scolastico fina ai quattordici anni;
- approvazione dello Statuto dei lavoratori, che regola diritti personali e sindacali.
Il nostro paese al termine del secondo conflitto mondiale aveva molti problemi, in gran parte improrogabili. Gli indicatori socio-economici segnavano una situazione di arretratezza e di forte crisi, soprattutto nel meridione. C'erano malattie, la popolazione era ridotta alla fame e i disoccupati erano più di due milioni. La produzione industriale era calata del 70%. La distruzione di ponti, strade e ferrovie rendeva difficili i rifornimenti alimentari. Le merci erano in media 20 volte più care rispetto al 1939 a causa della continua crescita dell'inflazione.
A causa della grande spinta demografica la domanda di alloggi rimaneva elevatissima: una famiglia su dieci mancava di casa e viveva in baracche o in campi profughi, in condizioni antigieniche senza acqua potabile e servizi. A Roma la popolazione residente era passata da circa 1.155.700 abitanti nel 1936 a 1.651.750 nel 1951. Nei quindici anni del dopoguerra immigrarono oltre 360.000 persone e, nel 1960, Roma raggiunse i due milioni di residenti. Al censimento del 1951 risultò che il 6,6 % delle abitazioni erano baracche, grotte, sottoscala e che il 21,9% delle famiglie viveva in coabitazione. I 106.497 alloggi indicati come mancanti nel censimento del 1951 corrispondevano già ad un impegno superiore ai 250 miliardi. In questa situazione gli organi preposti all'edilizia statale, quale l'Istituto Autonomo Case Popolari, si dimostrarono assolutamente inadeguati.
Uno dei primi problemi che l'Italia repubblicana doveva affrontare era, quindi, la costruzione di nuove abitazioni. Il censimento del 4 novembre 1951 rivelava che mancavano a Roma 100.000 alloggi e circa mezzo milione di vani se si voleva raggiungere l'indice normale di 1,1 abitante per vano.
Era, dunque, una situazione di grande emergenza che andava affrontata con strumenti immediati, efficaci ed incisivi. Gli interventi dello Stato, nonostante fosse appena uscito dalla guerra mondiale, furono molti: blocco dei licenziamenti, incentivazione ai lavori pubblici, agevolazioni fiscali per le costruzioni edilizie e finanziamento per ricostruire case ed edifici pubblici. A rendere il fenomeno della disoccupazione in Italia ben più preoccupante che in altri paesi europei contribuiva, inoltre, l'aumento della popolazione che era cresciuta, negli ultimi anni, di oltre cinque milioni.

ATTIVITÁ EDILIZIA ED AUMENTO DEMOGRAFICO
La eccessiva disparità tra i progetti di costruzione e gli effettivi vani che risultano costruiti sta ad indicare il gran disordine che si viveva in quegli anni a Roma. Numerose furono le costruzioni rimaste allo stato di progetto e mai realizzate. Il 28 luglio 1948 venne presentato alla Camera dei Deputati il disegno di legge "Provvedimenti per incrementare l'occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori", su proposta del ministro del Lavoro, Amintore Fanfani (1908-1999), componente di spicco della Democrazia Cristiana.
Il provvedimento suscitò un aspro dibattito sia in Parlamento che presso l'opinione pubblica. Il piano si ispirava ad una politica economica opposta a quella deflazionista portata avanti dal Ministro Einaudi: nacque infatti come un moderno intervento di welfare state per far fronte al problema abitativo ma anche per assorbire una consistente quota della massa dei disoccupati attraverso un massiccio investimento di denaro pubblico. Per poter raggiungere questo scopo venne creato un ente ad hoc, l'Ina-Casa, che garantisse efficienza e tempi brevi nella realizzazione dei complessi abitativi. Nonostante l'atteggiamento dell'allora primo ministro De Gasperi nel sostenere la concretezza del progetto e l'esigenza che esso venisse approvato senza ritardi e complicazioni, ci furono liti e scontri sia nella stessa DC che in altri settori della politica e dell'economia. La legge venne approvata il 28 febbraio 1949 e divenne nota come Piano Ina-Casa o Piano Fanfani.
A Roma, in particolar modo, il piano Ina Casa è diventato qualcosa di estremamente familiare nel periodo del dopoguerra. Venne diretta con dinamismo da Arnaldo Foschini che affidò i nuovi quartieri Ina-Casa ad alcuni dei migliori architetti romani, come Libera, De Renzi, Ridolfi, affiancati da Ludovico Quaroni e Saverio Muratori e dai più giovani Mario Fiorentino, Carlo Aymonino, Carlo Melograni.
Nell'arco di due settenni di realizzazioni Roma ha potuto assistere ad uno svariato numero di interventi. Tutti i quartieri della città hanno ammirato la nascita di tantissime costruzioni, singole abitazioni, ma anche estesi insediamenti. Inoltre, anche la cancellazione di varie zone piene di baracche, è stato uno degli impegni che l'Ina Casa ha tenuto a prendersi.

QUARTIERI INA-CASA A ROMA
Valco San Paolo [1949-52] - Via Valco di San Paolo, Viale G. Marconi, Via Efeso, Via Tarso
ente appaltante Istituto Autonomo Case Popolari (IACP)
superficie 4.8
ha abitanti 3000
alloggi 440 (vani 2602)

Tiburtino[1949-52] - Via Tiburtina km.7, Via D. Angeli, Via E. Arbib, Via L. Cesana, Via dei Crispolti, via Lucatelli; enti appaltanti Istituto Autonomo Case Popolari (IACP), Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato (INCIS) superficie 8.8
ha abitanti 4000
alloggi 771 (vani 4006)

Tuscolano[1949-52] - Via Tuscolana, Via del Quadraro, Via Valerio Publicola, Via Selilunte, Via Cartagine, Viale Spartaco Tuscolano I (1950-51) Tuscolano II (1950-60) Tuscolano III (1950-54)
enti appaltanti Ministeri Agricoltura, Foreste e Difesa, Istituto Nazionale Case Impiegati dello Stato (INCIS) superficie 35.5
ha abitanti 18000
alloggi 3150 (vani 17000)

Villa Gordiani [1949-52] - Viale Venezia Giulia, Via Rovigno d'Istria, Via Montona, Via Albona
ente appaltante Comune di Roma, Istituto Autonomo Case Popolari (IACP)
superficie 8.8
ha abitanti 12000
alloggi 2000 (vani 10000)

Ponte Mammolo [1957-62] - Via Tiburtina km 9.200, Via Lanciano, Via Campotosto
superficie 12.5
ha abitanti 3000
alloggi 562 (vani 3069)

Acilia [1958-60] - Via Ostiense km 19, Via di Ponte Ladrone, Via E. Garra, Piazza San Pier Damiani, Via M. Barbi superficie 11
ha abitanti 3200
alloggi 547 (vani 2952)

Colle di Mezzo [1958-60] - Via P. Emanuelli Mancini, Via del Colle di Mezzo
ente appaltante Ministero della Pubblica Istruzione
superficie 5
ha abitanti 3000
alloggi 417 (vani 2540)

Torre Spaccata [1958-60] - Viale dei Romanisti, Via Casilina km 9.200, Via di Torre Spaccata, Via Rugantino, Via P. Sommariva, Via A. Cassioli, Via A. Lupi, Via G. C. Peresio
ente appaltante Ministero della Pubblica Istruzione
superficie 5
ha abitanti 3000
alloggi 417 (vani 2540)

ANNI ‘60
Gli anni sessanta furono, a Roma, gli anni delle grandi speculazioni edilizie: case mai costruite e infissi di cattiva qualità erano sempre più frequenti. Così al Valco San Paolo le costruzioni Ina-Casa dopo soli cinque anni avevano i muri che cadevano letteralmente a pezzi. La Villa dei Gordiani, nuovo quartiere popolare fatto dal Comune nel 1952, assunse quasi subito l'aspetto di una borgata per la rapida decadenza dei fabbricati. Nel 1960 i debiti comunali raggiunsero i 250 miliardi. Prende il via in questi anni il movimento delle Consulte Popolari, un organismo di base del Pci, che aveva basato la sua iniziativa su un terreno di scontro "civile" e "dimostrativo", basato prevalentemente su petizioni popolari, delegazioni al Comune, presidi e occupazioni simboliche.
Nel 1969 le famiglie che vivevano nelle baracche erano 16.000 e 50.000 famiglie erano in stato di coabitazione, contro i circa 40.000 appartamenti vuoti. I borgatari, cercando nuove sistemazioni, arrivarono ad occupare gli edifici privati, distruggendo le vecchie baracche. Nel luglio dello stesso anno furono occupati 25 appartamenti al Tufello ma il numero delle occupazioni in questa zona salirà a 130. A partire da questa esperienza venne formato il Comitato di Agitazione Borgata (Cab), un organismo formato da baraccati, donne, giovani, militanti di base del Partito Comunista Italiano e cattolici di sinistra. Nell'agosto dello stesso anno il Comitato di Agitazione organizzò due importanti occupazioni: la prima di 220 alloggi al Celio (dietro il Colosseo); la seconda all'Ostiense con l'occupazione di 150 appartamenti di proprietà delle Ferrovie dello Stato. L'occupazione del Celio si estese immediatamente ai blocchi di case vicine raggiungendo un totale di ben 500 alloggi.

ANNI ‘70 E ‘80
Negli anni settanta il diritto alla casa viene rivendicato sempre più come diritto sociale irrinunciabile. Il movimento di lotta per la casa assunse, in questi anni, connotati differenti rispetto agli anni sessanta poiché la presenza di gruppi della sinistra extraparlamentare (dal Manifesto a Lotta Continua a Potere Operaio) renderà lo scontro più forte. Il Comitato della Magliana, nato in un quartiere completamente abusivo costruito addirittura al disotto del livello del Tevere, diede vita ad una vasta campagna di mobilitazione tra cui l'autoriduzione dei fitti: tra le 400 e le 500 famiglie imposero una riduzione del 50% sul prezzo dell'affitto. Mentre alla fine degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta le occupazioni erano state portate avanti soprattutto da baraccati e dai senza casa, negli anni ottanta ci fu invece una prevalente mobilitazione di sfrattati. I ricoveri in pensione a spese del Comune o le soluzioni abitative provvisorie servirono solo a tamponare inizialmente e marginalmente il problema degli sfratti. Dal 1981 a Roma si assiste a un costante, seppur lento, decremento demografico. A soffrire di più questo fenomeno sono le zone centrali e quelle a ridosso del centro della città. Tra queste quella del VI Municipio, la più in sofferenza relativamente al decremento e all'invecchiamento demografico (più di 40.000 abitanti persi in 20 anni).
Gli abitanti delle borgate spontanee furono progressivamente trasferiti in alloggi di edilizia popolare a cura sia del Comune di Roma che dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari della Provincia di Roma e, verso la seconda metà degli anni settanta, le borgate spontanee erano praticamente scomparse.

PERIFERIE OGGI
Il problema della condizione di vita nelle periferie è una questione della quale si discute da tempo e che oggi è tornata in primo piano per l'opinione pubblica. Sono numerosi gli studi che cercano di prendere in esame e confrontare i differenti casi di periferie a rischio nelle metropoli. Soprattutto dopo la seconda guerra mondiale si è verificato un graduale processo di degenerazione di quei quartieri costruiti alle periferie delle città in primo luogo per dare una risposta ai problemi dell'immigrazione. Queste aree sempre più spesso vengono definite periferie sociali, cioè luoghi che racchiudono situazioni di fortissima disuguaglianza e degrado.
In alcune città del nostro paese, annoverato tra quelli "sviluppati", ci sono condizioni di vita che non assicurano nemmeno l'applicazione dei principi fondamentali indicati dalla Costituzione: il diritto all'istruzione e alla cultura, alla salute, al paesaggio, all'ambiente, al patrimonio storico-culturale, alla partecipazione alla vita sociale e politica, al rispetto delle leggi. In queste aree uno dei maggiori problemi rimane quello della casa.
Nelle aree urbane del nostro paese molte sono le abitazioni di proprietà (circa l'80%, la più alta percentuale in Europa, ad eccezione di Spagna ed Irlanda) e poche quelle di residenza pubblica (4,5%, a fronte di una media europea del 15%). La casa in affitto si rivolge a ceti sociali di discrete possibilità economiche e non soddisfa le esigenze di alcune categorie di cittadini (anziani, giovani coppie, lavoratori saltuari, extracomunitari). La periferia di Roma è in larga parte abitata da cittadini che non possono permettersi un alloggio nelle aree centrali e sono costretti a vivere in luoghi sempre più lontani.
Nelle periferie romane stanno ricomparendo baracche e agglomerati di baracche. A differenza degli anni del secondo dopoguerra, in cui ad abitare questi miseri alloggi c'erano soprattutto immigrati provenienti dal centro e dal sud Italia, ora troviamo immigrati dell'est europeo o dell'Africa. Cambiano quindi i soggetti ma non le motivazioni che spingono migliaia di persone a sopportare condizioni di vita così difficili nella speranza di poter avere una casa ed un lavoro dignitoso. Anche a livello europeo si è cercato di risolvere il problema delle periferie e l'Europa potrebbe avere, oggi, il compito di riscattare le proprie periferie attribuendo loro significati nuovi.

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